Firmato, Inail direzione generale Roma. Della serie, oltre questo non c’è.
Questo il testo secco e desolante che si è visto recapitare una farmacia di Cosenza, un caso fra tanti, esponibile perché assai simbolico. L’amministrazione della farmacia chiede a Inail il certificato di regolarità contributiva, il Durc per intenderci. Necessario, ineludibile, per incassare liquidazioni dalla pubblica amministrazione, che sia l’Asp o una scuola o un Comune. Servizio di fornitura erogato, fattura elettronica emessa e via, dritti verso la richiesta di Durc. Che però, dopo un mese di attesa, non arriva. L’Inail non ce la fa, alza le braccia e ammette di non riuscire per tempo ad evadere la pratica, probabilmente per mancanza di personale. Occorre una nuova richiesta, quindi un altro mese ancora e chissà, magari un altro rinvio.
Il cane che morde sempre la stessa coda. La pubblica amministrazione chiede il Durc alle aziende per poter liquidare le fatture. Ma poi non è in grado di lavorare le richieste di regolarità contributiva. Mi chiedi il Durc e poi non me lo dai. E non mi paghi. E tutto si blocca, la giostra non gira, il personale che non può essere pagato, le forniture, le utenze. Tu chiamala, se vuoi, usura di Stato…
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