Catarisano, figura già nota alle cronache giudiziarie, era stato condannato nell’ambito dell’operazione “Jonny” come capo dell’omonimo clan operante nel territorio di Borgia e dei comuni limitrofi, contesto nel quale gli investigatori avevano ricostruito un articolato sistema di infiltrazioni e condizionamenti mafiosi.
Il provvedimento annullato dalla Suprema Corte riguardava la confisca dell’intero patrimonio riconducibile a Catarisano: società edili e immobiliari, terreni, conti correnti, disponibilità finanziarie e polizze, beni ritenuti sproporzionati rispetto ai redditi dichiarati dall’imprenditore e dai suoi familiari.
La Cassazione, tuttavia, ha ritenuto fondate le censure avanzate dagli avvocati Salvatore Staiano, Antonio Lomonaco, Isabella Camporato e Giandomenico Palagruti, ravvisando carenze motivazionali e profili di illegittimità nella ricostruzione effettuata dai giudici di merito, tali da imporre un nuovo giudizio.Ora la Corte d’Appello di Catanzaro dovrà riesaminare integralmente la posizione dell’imprenditore e i presupposti del provvedimento ablativo, in un giudizio che si preannuncia determinante per definire l’intero assetto patrimoniale oggetto della misura.
La decisione della Suprema Corte segna dunque un nuovo capitolo in una vicenda giudiziaria complessa, che mette al centro il delicato equilibrio tra strumenti di contrasto patrimoniale alle organizzazioni mafiose e tutela dei diritti dell’imputato.
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